sabato 1 febbraio 2020




Non c’è traccia di nuvole – è chiaro, chiaro, chiaro, chiaro. Sebbene l’ombra sia perennemente freddissima, e il vento insistente, il sole scalda - basti pensare alla lucertola rigata e lucida che vedo qui a più di 4500 metri, impegnatissima a prendersi il sole: siamo a novembre! Per la prima volta in vita mia mi rendo conto del calore puro del nostro astro: fende le frigide atmosfere di milioni di chilometri di spazio siderale.
Roccia, e tutt’intorno picchi nevosi, i grandi uccelli e i neri corsi d’acqua — con quali parole è possibile cogliere un così echeggiante splendore? 



Ma ecco che di nuovo negli echi sorge qualcosa d’insopportabile, come un terrore in agguato non dissimile dal ghiaccio diamantino che frantuma le pietre. Il cervello vacilla; il sole scintilla come un’arma. Il Canyon Nero si agita e serpeggia e la Montagna di Cristallo incombe come un pauroso maniero. Tutto l’universo vibra d’orrore. La mia testa diventa il teschio dello stregone, colmo di sangue, e dovessi voltarmi ora ficcherei lo sguardo nel cuore del caos, della mutilazione, della sanguinarietà e del dolore che riluce oscuro nella pupilla di questa lucertola.
Poi la demenza scompare, lasciandosi dietro l’eco. C’è ancora la lucertola che pare fondersi nella roccia, e i suoi fianchi pulsano nel calore stellare che riscalda la nostra pelle comune; non è remota l’eternità, ci è accanto.

Peter Matthiessen - Il leopardo delle nevi - pag.235

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