Per
me, essere scrittori significa prendere coscienza delle ferite segrete che
portiamo dentro di noi, ferite così segrete che noi stessi ne siamo a malapena
consapevoli, esplorarle pazientemente, studiarle illuminarle e fare di queste
ferite e di questi dolori una parte della nostra scrittura e della nostra
identità.
Un
autore parla di cose che tutti sanno senza esserne consapevoli. Esplorare questo
sapere e vederlo crescere dà al lettore
il piacere di visitare un mondo familiare e insieme sorprendente. Quando un
autore si chiude per anni in una stanza per affinare la sua arte, quella di
creare un mondo, se usa le sue ferite segrete come punto di partenza ripone,
che lo sappia o no, una grande fede nell’umanità. La mia fiducia viene dalla
convinzione che altri portano ferite come le mie e quindi le capiranno. Tutta
la vera letteratura nasce da questa certezza fiduciosa e infantile che tutti
gli individui si somigliano. Quando uno scrittore si chiude per anni in una
stanza, evoca col suo gesto l’esistenza di un’umanità unica, un mondo privo di
centro.
Orhan Pamuk - La valigia di mio padre - pag.19-20
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