mercoledì 26 dicembre 2018


Fu un vecchio nepalese, tempo dopo, a raccontarmi delle otto montagne. Portava un carico di galline su per la valle dell’Everest, diretto a qualche rifugio dove sarebbero diventate pollo al curry per turisti: aveva sulla schiena una gabbia divisa in una dozzina di celle, e le galline, vive, ci strepitavano dentro. Un trabiccolo del genere ancora mi mancava. Avevo visto gerle piene di cioccolato, biscotti, latte in polvere, bottiglie di birra e di whisky e di Coca-Cola, andare per i sentieri del Nepal  ad accontentare i gusti degli occidentali, ma un pollaio portatile mai. Quando chiesi all’uomo se potevo fotografarlo lui lo appoggiò su un muretto, si tolse dalla fronte la fascia con cui sosteneva il carico e si mise in posa, sorridente, accanto alle galline.
Poi mentre riprendeva fiato parlammo un po’. Veniva da una regione dov’ero stato anch’io, e se ne stupì. Capi che non ero un camminatore di passaggio, riuscivo perfino a mettere insieme qualche frase in nepali, e allora mi chiese come mai mi interessavo tanto all’Himalaya. Avevo la risposta per quella domanda: gli dissi che c’era una montagna, dov’ero cresciuto io, a cui ero molto legato, e che da li mi era nato il desiderio di vedere le più belle e lontane del mondo.



— Ah, — disse lui. — Ho capito. Stai facendo il giro delle otto montagne.
— Le otto montagne?
L’uomo raccolse un bastoncino con cui tracciò un cerchio nella terra. Gli venne perfetto, si vedeva che era abi
tuato a disegnarne. Poi, dentro al cerchio, tracciò un diametro, e poi un secondo perpendicolare al primo, e poi un terzo e un quarto lungo le bisettrici, ottenendo una ruota con otto raggi. Io pensai che, dovendo arrivare a quella figura, sarei partito da una croce, ma era tipico di un asiatico partire dal cerchio.
“L’hai mai visto un disegno cosi? “ mi chiese.
“ Si, “ risposi. “Nei mandala”.
“ Giusto, “ disse lui. “ Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi.
Nel dirlo tracciò, fuori dalla ruota, una piccola punta per ogni raggio, e poi una piccola onda tra una punta e l’altra. Otto montagne e otto mari. Infine fece una corona intorno al centro della ruota, che poteva essere, pensai, la cima innevata del Sumeru. Valutò il suo lavoro per un momento e scosse la testa, come se fosse un disegno che
aveva già fatto mille volte ma ultimamente ci avesse perso un po’ la mano. 




Comunque puntò il bastoncino al centro, e concluse:                                                          “ E diciamo: avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”
Il portatore di galline mi guardò e sorrise. Io pure, perché la storia mi divertiva e credevo di capirla bene. Cancellò il disegno con la mano ma sapevo che non l’avrei dimenticato.                                                                                                                          Be’, mi dissi, questa devo proprio raccontarla a Bruno.

Paolo Cognetti - Le otto montagne - pag 137




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