mercoledì 12 settembre 2018





Essendo informe e insignificante il termine «gente» può acquisire un surrogato di concretezza soltanto contrapponendosi a qualcosa: la Casta, appunto, gli immigrati, i rom, gli statali, le multinazionali, le banche, le Ong. .. Qualcosa che viene arbitrariamente ritagliato ed espulso dall’intero per dare all’intero almeno un senso di «meno 1». I politici, per esempio, non sono «gente» (anche se a guardarli intervistati dalle Iene la differenza onestamente non si nota).     La gente esiste solo se c’è un nemico della gente. 
Poi la psicologia: il risentimento, come dice il titolo. Su questa antipatica passione uno pensava di sapere tutto grazie ad autori come Nietzsche, Scheler, Girard. Ma Bianchi mostra una volta di più come la quantità si trasformi oltre una certa soglia in qualità, e come il risentimento, un tempo un solvente che divide e disunisce, sia diventato la principale forma di aggregazione sociale, onnipresente, impermeabile a ogni critica, autoimmune. 

                                     
Infine, in un colpo solo, la causa e il destino — ovvero come andrà finire. La causa è una sola: non l’ingiustizia, come si crederebbe (quella c’è sempre stata) ma l'assoluta impotenza a contrastarla. L’impotenza e la sua consapevolezza. Il popolo qualche battaglia la vinceva. We, the People... La sovranità appartiene al popolo...in nome del popolo italiano... Sono tutte testimonianze di vittorie. 
La gente invece perde sempre. Per definizione. E lo sa. 
Per questo manifesta inutilmente, posta insulti inutilmente, spara inutilmente. L’indignazione non ha nulla a che fare con la collera, passione anticamente ascritta a dèi ed eroi da religioni e miti.

              

A vincere è soltanto chi la raggira facendole credere di parlare in suo nome. E in qualche modo lo fa.                  
Nel definirsi «gente» c’è un osceno e masochistico piacere di perdere che inibisce ogni empatia. Se la gente è tutti e nessuno, a chi interessano le faccende di nessuno, come già rimproveravano i Ciclopi a Polifemo? 


Daniele Giglioli recensione a -La gente - di Leonardo Bianchi









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