"Il Romanzo," gli spiegò Saint—Savin, “deve sempre
aver per fondamento un equivoco, di persona, azione o luogo o tempo o
circostanza, e da questi equivoci fondamentali debbono nascere equivoci
episodici, avviluppamenti, peripezie, e
finalmente inaspettate e piacevoli agnizioni. Dico equivoci come la morte non
vera di un personaggio, o quando una persona è uccisa in cambio di un’altra, o
gli equivoci di quantità, come quando una donna crede morto il proprio amante e
si sposa con un altro, o di qualità, quando a errare e il giudizio dei sensi, o
come quando si seppellisce qualcuno che par morto, ed è invece sotto l’impero
di una pozione sonnifera; o ancora equivoci di relazione, come quando l’uno
venga presunto a torto uccisore dell'altro; o d'istrumento, come quando si
finge di pugnalare qualcuno usando un’arma tale che nel ferire la punta non
entri nella gola ma rientri nel manico, spremendovi una spugna intrisa di
sangue... Per non dire delle false missive, di finte voci, di lettere non
recapitate in tempo o recapitate vuoi in luogo vuoi a persona diversa. E di
questi stratagemmi, quello più celebrato, ma troppo comune, è quello che porta
allo scambio di una persona per un’altra, e dà ragione dello scambio attraverso
il Sosia... Il Sosia è un riflesso che il personaggio si trascina alle spalle o
da cui è preceduto in ogni circostanza. Bella macchinazione, per cui il lettore
si ritrova nel personaggio, con cui condivide l’oscuro timore di un Fratello
Nemico. Ma vedete come anche l’uomo sia macchina e basti attivare una ruota in
superficie per far girare altre ruote all'interno: il Fratello e l’inimicizia
altro non sono che il riflesso del timore che ciascuno ha di sé, e dei recessi
dell’animo proprio, dove covano desideri inconfessati, o come si sta dicendo a
Parigi, concetti sordi e non espressi. Da poiché è stato mostrato che esistono
pensieri impercettibili, che impressionano l'animo senza che l’animo se ne
avveda, pensieri clandestini la cui esistenza è dimostrata dal fatto che, per
poco che ognuno esamini se stesso, non mancherà di accorgersi che sta portando
in cuore amore e odio, gioia o afflizione, senza che si possa ricordare
distintamente dei pensieri che li hanno fatti nascere."
Umberto Eco - L'isola del giorno prima - pag.77-78
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