domenica 13 novembre 2011


Ma voglio osservare una cosa.
Questa metafora o immagine del filo, del non perdere il filo, non è così banale come sembra a prima vista.
Noi viviamo, non c'è dubbio, e volentieri facciamo in modo che tutta l'energia che ci costa quest’attività di vivere, questa complessa e gratuita iniziativa biologica, si converta in una specie di storia. E così facendo, svolgiamo la matassa del nostro filo fino ad accorgerci che questo, oltre che lungo, è abbastanza duttile da avvolgersi al collo e abbastanza resistente per sostenere il nostro peso.
E la conseguenza inevitabile è che noi, alla fine, veramente restiamo impiccati alle nostre storie, pendiamo dai romanzi delle nostre vite come da altrettante forche i piedi dondolanti, fatemelo dire, nelle tramontane del Niente.
Emanuele Trevi - Il libro della gioia perpetua - pag.12-13

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