giovedì 21 luglio 2011


foto di Ly Hoang Long

Dicono che i nodi siano l’avanguardia di ogni chiodo.
Facundo ha sistemato l’acqua sul fuoco e ha cominciato a parlare in quel modo suo che fino ad allora non gli avevamo mai sentito.
Per i chiodi bisogna aver già inventato il ferro, il fuoco e una certa idea dello star fermi, che non è proprio la prima cosa che è venuta in mente all’uomo.
Per i nodi no.
Immaginate l’inizio. Un non finito di orizzonti, il mare piatto o appena increspato da qualche uragano, e poi le pianure come questa, dove hai paura che la lontananza ti strappi gli occhi. E i monti uguale, se li vedi come orizzonti verticali. Non c’è nulla che faccia resistenza. Il vento non può distruggere niente, è vero, ma è inutile dappertutto. Porta solo le voci di stupore degli uomini e i versi di rapina degli animali. Poi, da una danza che sembra una caccia che sembra un’imboscata, nasce il primo bambino. Per chiudergli la vita dentro gli si inventa un nodo sulla pancia.
E’ il primo nodo, un nodo d’arresto, come quelli che si fanno alle funi perche il vento non se le porti. E così è rimasto per sempre, fino a noi.
Ogni volta che si intreccia un nodo, o addirittura lo si mima per finta, come nel ballare, si crea un qualcosa, un essere, che prima non c’era.
E’ un grande atto di presunzione, la forma minima della volontà.
Immaginate le prime tende nei deserti o le prime vele sul mare. Ciò che permette loro di essere case o navi sono i nodi che non si vedono, ma che oppongono resistenza.
Almeno fino al momento in cui li sciogli.
Ernesto Franco - Vite senza fine - pag.9

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