domenica 19 ottobre 2025


Sulle prime sembravano urla che si sarebbero chetate in fretta e calmate non appena chi le emetteva si fosse reso conto che non sarebbe stato ucciso; in seguito però, quel gemito pungente, acuto, incessante, ribelle, raccapricciante, crebbe e non potevi evitare di sentirlo, non potevi dedicarti ad altro, finchè spazientito, non alzavi le spalle e guardavi i tuoi compagni, cercando di andare oltre.  



Ma quello non era lo starnazzare di una gallina catturata e spaventata; era il ruggito di una tigre resa furibonda dal dolore che ne accresceva la forza malvagia;

 

era un’arma di difesa, il grido di un condannato a morte che si ribella con odio ai suoi boia e dice :Io di qui non mi muovo, non cedo, morirò piuttosto che lasciarvi toccare qualcosa; finchè anche le pietre non si univano a quell’urlo tremendo che aumentava di intensità, con brevi pause per riprendere respiro, e in cui si potevano distinguere anche parole che restavano tuttavia incomprensibili.

Yizhar S. - La rabbia del vento - pag.40


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