martedì 2 gennaio 2018

opera di Renè Magritte


Ogni tanto qualcuno mi chiede a cosa penso mentre corro. Le persone che mi fanno questa domanda di solito non sanno cosa sia la corsa su lunga distanza. Comunque, ogni volta che me lo chiedono, vi rifletto profondamente.                                               
Già, a cosa penso mentre corro? Se devo essere sincero, non me lo ricordo nemmeno io. Nei giorni freddi, in una certa misura penso al freddo. Nei giorni caldi, al caldo. Quando sono triste, alla mia tristezza, quando sono contento, alla mia allegria. In una certa misura. Come ho già scritto, mi succede anche di tornare con la mente ad avvenimenti passati, cosi, senza nesso logico. A volte, ma accade di rado, mi vengono delle idee per i libri che scrivo. Tuttavia posso affermare che non ho pensieri davvero coerenti. Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. E’ naturale, perché nell’animo umano non può esistere il vuoto assoluto. Il nostro spirito non è abbastanza forte per concepire il nulla, e inoltre non è coerente. Insomma, i pensieri che si avvicendano nella mia mente mentre corro sono semplicemente dei derivati del nulla, tutto li. Si formano ruotando intorno al nulla.                                  Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo. Nuvole di grandezza e forma diverse che arrivano, e se ne vanno, semplici ospiti di passaggio. Ciò che resta è soltanto il cielo, che e sempre lo stesso. Che è qualcosa che esiste, e al tempo stesso non esiste. Che ha una sostanza e al tempo stesso non ne ha. Noi non possiamo fare altro che constatare la situazione — l'esistenza di quell’immenso contenitore — e accettarla.
Haruki Murakami - L'arte di correre - pag.17-18


Nessun commento: