Ogni tanto qualcuno mi chiede a cosa penso mentre corro. Le persone che mi fanno questa domanda di solito non sanno cosa sia la corsa
su lunga distanza. Comunque, ogni volta che me lo chiedono, vi rifletto profondamente.
Già, a cosa penso mentre corro? Se devo essere sincero, non me lo
ricordo nemmeno io. Nei
giorni freddi, in una certa misura penso al freddo. Nei giorni caldi, al caldo.
Quando sono triste, alla mia tristezza, quando sono contento, alla mia
allegria. In una certa misura. Come ho già scritto, mi succede anche di tornare
con la mente ad avvenimenti passati, cosi, senza nesso logico. A volte, ma
accade di rado, mi vengono delle idee per i libri che scrivo. Tuttavia posso
affermare che non ho pensieri davvero coerenti. Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è
anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione
spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio
cervello. E’ naturale, perché nell’animo umano non può esistere il vuoto
assoluto. Il nostro spirito non è abbastanza forte per concepire il nulla, e
inoltre non è coerente. Insomma, i pensieri che si avvicendano nella mia mente
mentre corro sono semplicemente dei derivati del nulla, tutto li. Si formano
ruotando intorno al nulla.
Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo. Nuvole di grandezza e forma
diverse che arrivano, e se ne vanno, semplici ospiti di passaggio. Ciò che
resta è soltanto il cielo, che e sempre lo stesso. Che è qualcosa che esiste, e
al tempo stesso non esiste. Che ha una sostanza e al tempo stesso non ne ha.
Noi non possiamo fare altro che constatare la situazione — l'esistenza di
quell’immenso contenitore — e accettarla.
Haruki Murakami - L'arte di correre - pag.17-18
Nessun commento:
Posta un commento