domenica 29 ottobre 2017

Il mondo diventa più comprensibile se osservato dai rami degli alberi o da un’isola perché, come era solito dire il barone, “chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria”.


Aveva il potere persuasivo di una parabola,  l'attrattiva profonda del mito, il fascino della fiaba e la forza gentile della poesia. Calvino ha eliminato dalle prime versioni delle proprie opere certi paragrafi moraleggianti che avrebbero potuto rendere le sue lezioni troppo invadenti. 
Cosimo Piovasco di Rondò non insegna nulla, almeno, non ai lettori. Si limita a incarnare un esempio. 
Solo in due punti il romanzo suggerisce una possibile lettura/interpretazione morale. Il primo punto (nel capitolo XX) è quello in cui si dice che Cosimo riteneva che, se si voleva osservare la terra nel modo giusto, bisognava mantenere la giusta distanza da essa. 
Il che mi rimanda a un’osservazione dalle Lezioni Americane: «È sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sè, che assume come proprio fardello». 
Il secondo punto (nel capitolo XXV) è quello in cui il fratello di Cosimo si domanda, senza trovar risposta, come la passione di. Cosimo per gli affari sociali possa essere riconciliata con la sua fuga dalla società. Cosimo decide di trascorrere la propria intera vita aerea sugli alberi, volando via dal mondo terreno. Ma quegli alberi non sono per lui una torre d'avorio. Dalle loro cime, osserva la realtà,  acquistando una saggezza superiori proprio perché la gente che egli vede gli appare piccolissima e comprende meglio di chiunque altro i problemi dei poveri esseri umani che hanno la sventura dl dover. camminare sui propri piedi. Stando sugli alberi, Cosimo è spinto a prendere attivamente parte alla vita sulle proprie terre. Nella sua qualità di aristocratico, condivide i problemi degli emarginati. Trasformandosi in una sorta di dio dispettoso, o di "Schelm", non così dissimile dagli animali che gli danno amicizia, nutrimento e vestimento, trasforma la natura in cultura senza distruggerla, e passo dopo passo è spinto a impegnarsi nella vita sociale, non solo nel suo piccolo territorio, ma sull’intera Europa. Vivendo come un buon selvaggio, si fa uomo dell’Illuminismo, fuggendo dalla Società diventa un leader rivoluzionario - ma uno che rimarrà sempre capace di il criticare coloro che combattono dalla sua parte, e capace di provare dispiacere e disincanto per gli eccessi dei propri idoli. (…)     
Perché la lezione suggerita da questo romanzo fu così convincente per me? Calvino l’ha spiegato, indirettamente, nelle sue Lezioni Americane. Le lezioni morali sono, di solito, molto pesanti, e l’unica virtù di coloro che riescono a renderle memorabili è il dono della leggerezza. 
Aerea come il Barone, la prosa di Calvino non ha peso, è “plus vague et plus soluble dans l’air — sans rien en lui qui pèse et qui pose” come avrebbe detto Verlaine. O, per concludere con le parole di Calvino: «Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro». 
Questo Calvino ha saputo farlo, ed è questa l’eredità che ci lascia.
Umberto Eco

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