venerdì 9 ottobre 2015



opere di Tarr Hajnalka

David riceve una telefonata di Mathabane a casa. — La commissione ha trasmesso il suo parere, e il rettore mi ha chiesto di provare a parlarti uh’ultima volta. E disposto a non prendere provvedimenti estremi, mi ha detto, a patto che tu rilasci personalmente una dichiarazione che sia soddisfacente dal nostro e dal tuo punto di vista.
— Manas, ne abbiamo già discusso. Io...
— Aspetta. Lasciami finire. Ho qui con me la bozza di una dichiarazione che risponderebbe alle nostre esigenze.
E molto breve. Posso leggertela?
— Leggila.


— “Ammetto senza riserve le gravi violazioni dei diritti umani della querelante, oltre all’abuso dei poteri delegatimi dall’Università. Chiedo sinceramente scusa a entrambe le parti lese e accetterò che mi venga inflitta un’adeguata punizione”.
— “Un’adeguata punizione”: che cosa significa?
— Da quello che ho capito, non sarai cacciato. Con tutta probabilità ti verrà chiesto di prendere un periodo di congedo. Se poi tornerai a insegnare, questo dipenderà da te e dal preside della tua facoltà.
— Prendere o lasciare?
— Credo di sì. Se sottoscriverai la dichiarazione, che verrà messa agli atti come una richiesta di clemenza, il rettore la accetterà in questo spirito.
— Quale spirito?
— Di pentimento.
— Manas, questa storia del pentimento l’abbiamo già discussa ieri. Vi ho detto come la penso. Non lo farò. Sono comparso davanti a una commissione ufficiale. Di fronte a questo tribunale terreno mi sono riconosciuto colpevole, con un’ammissione di colpa terrena. Tanto vi basti. Il pentimento esula dalle vostre competenze. Il pentimento appartiene a un altro mondo, a un altro universo concettuale.


— Stai confondendo le cose, David. Non ti chiediamo di pentirti. Ciò che avviene nella tua anima ci è precluso, come membri di quello che definisci un tribunale terreno se non come colleghi ed esseri umani. Ti chiediamo solo di rilasciare una dichiarazione.
— Volete che porga delle scuse che potrebbero non essere sincere?
— Il punto non è se sei sincero. Questo, come ho detto, è un problema della tua coscienza. Il punto è se sei disposto a riconoscere il tuo errore pubblicamente e a fare il possibile per rimediarvi.
— Questo si chiama spaccare il capello in quattro. Mi avete accusato, e io mi sono riconosciuto colpevole di tutte le accuse. Non avete bisogno di altro da me.



— Non è vero. Non ci basta. Vogliamo un piccolo sforzo in più. Spero che tu abbia la lucidità per farlo.
— Mi spiace, la risposta è no.


J.M. Coetzee - Vergogna - pag.60.61

Nessun commento: