Il commissario Adamsberg amava la solitudine in cui lasciar
andare i pensieri alla deriva, verso il largo, ma amava anche le persone, il
moto delle persone, e si nutriva come una zanzara della loro presenza intorno a
lui. L’unico guaio con le persone era che parlavano in continuazione, tanto che
le loro chiacchiere venivano costantemente a disturbare la mente del
commissario nelle sue fantasticherie. Era quindi giocoforza ritrarsi, ma
ritrarsi significava tornare alla solitudine che per qualche ora lui avrebbe
voluto abbandonare.
Les Eaux Noires de Dublin avevano fornito una ottima soluzione al suo
dilemma, giacche il locale era frequentato solo da chiassosi bevitori irlandesi
che parlavano per Adamsberg una lingua ermetica, A volte il commissario pensava
di essere uno degli ultimi individui del pianeta a non conoscere una parola di
inglese. Quell’ignoranza arcaica gli consentiva di immergersi con gioia nelle
Acque Nere, godendo del torrente vitale senza che questo lo disturbasse in
alcun modo. In quel prezioso rifugio Adamsberg veniva a scarabocchiare per ore,
aspettando senza alzare un dito che le idee affiorassero alla superficie della
sua mente.
Così Adamsberg cercava le idee: le aspettava, semplicemente. Quando una
di esse veniva a galla sotto i suoi occhi, come un pesce morto che compariva a
fior d’acqua, la raccoglieva e la esaminava, per vedere se aveva bisogno di
quell'articolo in quel momento, per vedere se presentava un qualche interesse.
Adamsberg non rifletteva mai, si limitava a fantasticare, poi a fare una
cernita, come quei pescatori con il guadino che vedi frugare con mano pesante
in fondo al retino, cercando con le dita il gambero tra i sassi, le alghe, le
conchiglie e la sabbia. Cerano molti sassi e molte alghe nei pensieri di
Adamsberg, e non di rado lui vi si impigliava. Doveva gettare molto, scartare
molto. (...)
Alla fine, qualcosa ne cavava comunque, se solo aveva un po’ di
pazienza. Adamsberg usava cosi il suo cervello, come un vasto mare fecondo nel
quale hai riposto la tua fiducia ma che hai da tempo rinunciato ad
assoggettare.
Fred Vargas - L'uomo a rovescio - pag.85-86
Nessun commento:
Posta un commento