lunedì 27 aprile 2015

opera di Hiroyuki Masuyama


Il commissario Adamsberg amava la solitudine in cui lasciar andare i pensieri alla deriva, verso il largo, ma amava anche le persone, il moto delle persone, e si nutriva come una zanzara della loro presenza intorno a lui. L’unico guaio con le persone era che parlavano in continuazione, tanto che le loro chiacchiere venivano costantemente a disturbare la mente del commissario nelle sue fantasticherie. Era quindi giocoforza ritrarsi, ma ritrarsi significava tornare alla solitudine che per qualche ora lui avrebbe voluto abbandonare.                                                                                                           Les Eaux Noires de Dublin avevano fornito una ottima soluzione al suo dilemma, giacche il locale era frequentato solo da chiassosi bevitori irlandesi che parlavano per Adamsberg una lingua ermetica, A volte il commissario pensava di essere uno degli ultimi individui del pianeta a non conoscere una parola di inglese. Quell’ignoranza arcaica gli consentiva di immergersi con gioia nelle Acque Nere, godendo del torrente vitale senza che questo lo disturbasse in alcun modo. In quel prezioso rifugio Adamsberg veniva a scarabocchiare per ore, aspettando senza alzare un dito che le idee affiorassero alla superficie della sua mente.                                                               
Così Adamsberg cercava le idee: le aspettava, semplicemente. Quando una di esse veniva a galla sotto i suoi occhi, come un pesce morto che compariva a fior d’acqua, la raccoglieva e la esaminava, per vedere se aveva bisogno di quell'articolo in quel momento, per vedere se presentava un qualche interesse. Adamsberg non rifletteva mai, si limitava a fantasticare, poi a fare una cernita, come quei pescatori con il guadino che vedi frugare con mano pesante in fondo al retino, cercando con le dita il gambero tra i sassi, le alghe, le conchiglie e la sabbia. Cerano molti sassi e molte alghe nei pensieri di Adamsberg, e non di rado lui vi si impigliava. Doveva gettare molto, scartare molto. (...)                                                                                                 
Alla fine, qualcosa ne cavava comunque, se solo aveva un po’ di pazienza. Adamsberg usava cosi il suo cervello, come un vasto mare fecondo nel quale hai riposto la tua fiducia ma che hai da tempo rinunciato ad assoggettare.

Fred Vargas - L'uomo a rovescio - pag.85-86

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