venerdì 27 luglio 2012

opere di Peter Callesen

Il nostro viaggio procedeva placido in quel pomeriggio di riflessione. 
Un fiume, col. suo corredo di cascate, mulinelli, riccioli e gorghi, è forse l'elemento più espressivo di un paesaggio naturale; è quello che va più lontano, che si sposta in maniera più evidente, dimostrabile e incessante; quello più suscettibile di personificazione; il più vicino al nostro concetto di vita e di morte. 
Per generazioni gli uomini di tutto il mondo, queste brocche a due zampe composte al settanta per cento d'acqua, hanno visto i fiumi come sorgenti di vita ma anche come vie d’uscita dal mondo. 
Nella lingua degli indiani osage, la parola né significa allo stesso tempo "acqua", "fiume", "linfa", "respiro", "vita". Per gli antichi egizi e gli antichi greci l’aldilà si trovava sull’altra sponda di un fiume, un confine che nessuno poteva varcare a ritroso. (...) 
Il mare è il vento reso visibile, ma il fiume è la terra che si fa liquida. (...) 
I viaggiatori fluviali, anche quelli non inclini alla poesia, cominciano ben presto a pensare all’acqua come a un elemento amico od ostile, dotato di una propria volontà, talvolta di una mente primitiva capace di agire in maniera propizia o nefasta verso di loro. In questo paese le persone che abitano sulle rive di un corso d’acqua chiamano se stesse con fierezza "ratti dì fiume": un insulto autoinflitto per esprimere umiltà nei confronti di una forza da cui dipendono la loro vita e i loro beni.
William Least Heat-Moon - Nikawa - pag.130

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